L’indifferenza dei grandi numeri.

Un paio di settimane fa ho letto in una notizia riguardante un ragazzo che era stato ritrovato morto nel suo alloggio in una delle tante “residenze universitarie”, qui a Milano.  La cosa che più mi ha colpito è che la scoperta è avvenuta una quindicina di giorni dopo la sua scomparsa, quando una signora delle pulizie entrò nella stanza, probabilmente attirata dall’odore di quel corpo ormai in stato di putrefazione.

Possibile che nessuno, non so, amici, famigliari, si sia preoccupato o si fosse chiesto dove fosse finito?

Ma la cosa che mi ha colpito ancora di più è successa questa mattina. Camminando per i corridoi della mia università mi sono imbattuto in un mio vecchio compagno di corso della triennale che non vedevo da tempo, tra un saluto e l’altro e l’altro mi fa:

“ti ricordi di M.?” 

“chi???”

 “Quel mio amico del nostro corso bla bla, bla”

“aaah lui, si ricordo”

“lo sai che lo hanno ritrovato morto nel suo alloggio?”

“CHE COSA!?”

E subito la mia mente è corsa all’articolo letto poche settimane prima. Se prima la notizia mi aveva colpito adesso che “quel ragazzo Camerunense” aveva un nome ed un volto rendeva il tutto ancora più sconcertante.

Onestamente, non lo conoscevo bene; anni fa, quando lo vedevo a lezione, ci si scambiava giusto uno di quei saluti che ci si danno tra studenti, di cortesia, senza nessuna voglia di approfondire. Una volta ci avevo anche giocato a calcetto. Partitella tra “colleghi” (cosi ci si chiama tra universitari, colleghi, ma colleghi dechè poi, bho!), ITALIANI contro RESTO DEL MONDO, vincemmo noi, ma adesso poco importa. E mi sono fermato a riflettere sui rapporti che si possono instaurare in università. Una realtà del tutto diversa da quella a cui ci si era abituati quando si frequentava la scuola, in cui, in classi di 20-30 ragazzi, sempre insieme per 5 anni, vuoi o non vuoi li imparavi a conoscere, amare, sopportare (o non sopportare). Alcuni li conoscevi come le tue tasche, altri un po’ meno, ma ci si conosceva. Non così all’università, in cui tu, matricola, fresca fresca di maturità ti ritrovi in classi enormi, che sembrano corti di giustizia, 100,200, 400 ragazzi tutti insieme, tutti spaesati e tutti con lo stesso pensiero in testa: “e mho?”.

E te la devi giocare bene, le prime settimane sono fondamentali per stringere amicizie, perché una volta che i gruppi iniziano a formarsi diventa sempre più facile rimanerci fuori, rimanere isolati, forse proprio come M., isolato al punto che scompari per 15 giorni e nessuno se ne accorge.

L’Università non sarà caratterizzata da problemi sociali come può essere quello del bullismo nelle scuole, ma presenta un’altra forma di “bullismo”, più subdola perché del tutto inconsapevole da chi la mette in pratica, l’indifferenza. L’indifferenza dei grandi numeri.

La prossima volta che con il tuo gruppo ti siedi tra i banchi della tua Università datti uno sguardo in giro, non cedere a quella comoda sensazione che ti vuole far restare chiuso nel tuo gruppetto. Guardati in giro, guarda chi rimane sempre solo nelle pause pranzo o quando è a lezione, magari è solo un po’ timido e non è riuscito ad integrarsi i primi mesi di università. Invitalo a unirsi a mangiare con voi. Magari era lì che non aspettava altro, che qualcuno si accorgesse di lui; perché piace a tutti, sentirsi considerati, sentire qualcuno che ci è venuto a cercare.

Dovrebbe esserti familiare, Qualcuno già l’ha fatto con noi, è venuto a cercarci, ha spazzato tutta la sua casa per cercare quell’unica moneta perduta, per ritrovare quella cosa di gran valore. E adesso che è stata ritrovata se ne rallegra.

Quindi ripeto, guardati attorno, CERCA, sii attivo, sii RIVOLUZIONARIO!

[link: http://www.milanotoday.it/cronaca/morto-studente-polimi-2018.html]

Ruben G.

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