5 domande che avresti voluto fare a una studentessa in Infermieristica

Deborah, 21 anni, un misto di energia e creatività che solo chi è italo-brasiliano come lei può capire. Segni di riconoscimento? Tanti, ma ne scelgo due. Il primo è che era un mostro a Ruzzle (ve lo ricordate Ruzzle?) e il secondo è la sua passione per la danza moderna che ha fatto per 10 anni. Ballava sempre e ovunque, ma soprattutto a casa, e grazie alla danza ha imparato a esprimere le sue emozioni attraverso il corpo e a conoscere ed esprimere la sua creatività. Adora leggere, soprattutto romanzi thriller, e spesso parla troppo veloce. Ora studia Infermieristica alla Statale di Milano, secondo anno.

Deborah, perché hai scelto infermieristica?

Ho sempre avuto il desiderio di lavorare con i bambini molto piccoli e quindi avrei dovuto fare ostetricia. Peccato che non abbia studiato bene per il test, anche perché non sono molto brava in matematica e biologia, e così mi sono trovata ferma un anno. Quando ho rifatto il test sono passata per infermieristica e ho iniziato questo percorso. Solo ora riconosco che in realtà è molto meglio così perché con questo corso di laurea posso spaziare su molti più campi, senza focalizzarmi su uno.

Come funziona il tuo percorso di studi?

E’ un corso che dura 3 anni con la possibilità di farne altri 2. I primi tre anni si studiano tante materie per avere una conoscenza generale, sia specialistiche che umanistiche. E’ veramente una mole non indifferente di nozioni. Tieni conto anche che ogni esame raggruppa più materie, quindi in realtà stai facendo più argomenti insieme. E poi ci sono degli esami che sono veramente tosti, come Anatomia e Fisiologia che ho ripetuto ben 5 volte per poi arrivare a prendere un fantastico 27 (ancora mi emoziono al ricordo)!

Ma forse la cosa più bella di tutte è che non sono mai in Università ma faccio i corsi e studio direttamente in Ospedale stando così vicino da subito all’ambiente lavorativo. Questo per me vale moltissimo.

Quindi immagino tu abbia anche molto tirocinio da fare..

Sì esatto. Sono tirocini che aumentano negli anni di studio. Il primo anno per esempio è stato un tirocinio estivo di 2 mesi. Al terzo anno invece fai solo 2 mesi di teoria mentre il resto è tutta pratica. E’ una parte molto stimolante perché ti permette di concretizzare immediatamente quello che studi vedendolo applicato nella realtà.

Qual è stata l’esperienza più bella e la più brutta dei tuoi tirocini?

Intanto il primo anno è un’esperienza emotivamente molto forte. Mi sentivo sempre incapace e inadatta a fare qualsiasi cosa. Guardavo le altre infermiere e mi chiedevo come facessero a sapere tutte quelle cose. Ma è una fatica che alla fine ti premia, in poco tempo impari molto.

L’esperienza più bella per me è sicuramente quella del contatto umano profondo e intimo con i pazienti. La malattia mette a nudo le persone che lasciano andare le proprie maschere e vivono le emozioni intensamente. Una volta una paziente mi è scoppiata a piangere davanti e mi ha raccontato tutto della sua vita. E’ stato un momento molto umano. Molto bello.
Dall’altra parte però non dobbiamo dimenticarci di mantenere questo rapporto umano. Mi è capitato una volta che una infermiera entrasse in una stanza e dichiarasse morto un paziente con una freddezza da catena di montaggio, incurante degli strazi della moglie ai piedi del letto. Questo mi ha molto colpito e ho capito che non voglio che capiti a me. La sofferenza altrui va sempre rispettata profondamente.

Cosa consiglieresti a chi vuole fare infermieristica?

Di dimenticarsi di quello che è stato finora. La mole di studio sarà così tanta che sarà necessario cambiare approccio e metodo di studio, diventando disciplinati a livello estremo. E poi non bisogna mai perdere la gioia e lo stupore davanti alle cose che studiamo. Sono tutte nozioni che ci possono aiutare a salvare una vita e, fidatevi, questa è una esperienza incredibilmente pazzesca che ripaga di tutti gli sforzi che si possano fare.