Non staremo a guardare
È cronaca di questi ultimissimi giorni, un insieme di fatti a dir poco spaventosi: una miscela di eventi avvenuti in diverse parti del mondo, ma che testimoniano quali siano i veri pericoli da temere oggi, i rischi su cui è bene non abbassare la guardia.
11 marzo 2019 – Il videogioco dello stupro “Rape Day” rimosso dal web
Questa la notizia apparsa su The Post Internazionale e Universo mamma.
Rape Day è un videogame dove i partecipanti possono “giocare” a violentare, molestare e uccidere donne. Vere e proprie scene di stupro in frame in modo realistico dove il giocatore è impersonato da un uomo alto e robusto dalla faccia inquietante. Si tratta di un “visual novel”, ossia di un romanzo interattivo, con oltre 500 immagini e più di 7000 parole che includono “violenza sessuale, sesso non consenziente, linguaggio osceno, necrofilia e incesto”.
Scene che si spingono ben oltre il gioco, che possono essere più di un passatempo per chiunque.
Dopo che il gioco fu pubblicato in anteprima sulla piattaforma statunitense Steam per circa tre settimane, si sono scatenate proteste sui Social e la petizione indetta su Change.org ha riscontrato un’amplissima partecipazione. Lo sviluppatore Desk Plant si è giustificato spiegando che “il gioco è rivolto al 4% della popolazione, i sociopatici, contenti di interpretare un minaccioso assassino seriale durante un’eclissi di zombie”.
La società Valve, proprietaria della piattaforma, di fronte alla reazione dell’opinione pubblica, ha impedito la pubblicazione prevista per il prossimo aprile e ha annunciato che Rape Day non verrà mai alla luce.
Per perversione o per sollecitare gli istinti più bassi, per di più guadagnando soldi, è chiara la volontà di assentire o comunque di non impedire la messa in “gioco” di metodi estremi che si spingono oltre. La possibilità è alta per chi frequenta questi siti, e probabilmente non è affetto da disturbi antisociali di personalità (categoria di soggetti cui l’ideatore spiega aver destinato tale gioco), di imbattersi nell’agghiacciante mondo virtuale presentato da Rape Day, che deforma la realtà e fa apparire gioco ciò che nella realtà è abuso, violenza, afflizione.
Oggi si parla molto di quanto il virtuale influenzi la realtà, ma resta difficile per una fetta di utenti, adolescenti ancora senza filtri ben stabiliti, essere consapevoli che, spesso, ciò che vediamo su uno schermo è deformazione, è falsa percezione delle cose.
13 marzo 2019 – Brasile, sparatoria in una scuola: 10 morti, tra cui i due studenti che hanno aperto il fuoco (la Repubblica)
Non è la prima volta che la società Valve pubblica giochi violenti. Nel maggio 2018 era finita nella bufera per l’uscita di Active Shooter, videogioco che simulava una sparatoria in una scuola.
Senza alcun intento indagatore o accusatorio, e considerando anche che “non è la prima strage che avviene nelle scuole del Brasile” e che “ci sono state almeno altre sette Columbine, così si sono definite, nel Paese”, ciò che è inevitabile riscontrare è l’elemento in comune tra le stragi sudamericane: il suicidio finale dopo l’uccisione dei propri compagni, per “missione” o per “vendetta”.
Il grave fenomeno delle carneficine brasiliane ad opera di giovanissimi potrebbe aprire un capitolo enorme e disastroso della storia della nostra generazione di cui è bene essere a conoscenza.
Così, tornando ai videogame istigatori:
possibile che la scelta se pubblicare o meno certi videogame e certi contenuti sia rimessa solo al consenso del pubblico e non a valutazioni a priori sull’opportunità di diffonderli?
(Universo Mamma)
Questo è ciò che è accaduto con Rape Day e Active Shooter.
Come evitare che la simulazione virtuale di uno stupro o di una missione suicida si trasformi nella volontà di riportare tali eventi anche nella realtà? Impossibile non prevedere gravi conseguenze.
La forza manipolatrice e influenzante di tali videogame può arrivare fino al punto di infettare la persona nel suo intimo.
Sono virali; e come ogni virus la sua rapida crescita è proporzionale alla quantità di cellule sane da esso parassitate. In un corpo umano, più cellule contagiate esistono, meno quel corpo sarà costituito da cellule dis-infettate.
Nel caso di Rape Day, il sociopatico trova di che “cibarsi” e per il resto dei visitatori risulta “solo” un violento passatempo.
14 marzo 2019 – La donna è brutta, non è stupro
Scontrandoci ora con la realtà, La Gazzetta del Mezzogiorno ha riportato un gravissimo fatto di cronaca.
Il fatto risale al 2015: una ragazza peruviana di 22 anni accusa due suoi amici di violenza sessuale. Nel 2016, la condanna di 1° grado; 2017, la Corte di Appello di Ancona li assolve con una sentenza che giustifica i due ragazzi affermando che la fisicità mascolina della ragazza, da loro indicata con l’appellativo di “Nina Vikingo”, risultava una prova sufficientemente credibile per pronunciarsi a rigetto di uno stupro. La sentenza è stata bocciata con rinvio dalla Cassazione.
L’intento di esporre questo insieme di notizie è quello di portare la nostra attenzione sullo “stato di confusione” che insinua la fase storica in cui stiamo vivendo. Oggettivamente la nostra generazione vive grandi libertà: giuridicamente parlando, per ogni emancipazione di cui godiamo, la “non-discriminazione” oggi vanto della nostra società. Senza cercare forzatamente nel virtuale un capro espiatorio cui addossare tutti i mali che al contrario persistono, credo che ciascuno dovrebbe iniziare di più ad essere reale.
Siamo stanchi di sentir dire che i Social hanno annebbiato le nostre menti e condizionato le nostre vite: certamente vero, ma è arrivato il tempo che la smettiamo di accettare passivamente tutto.
È arrivato il tempo di svegliarci, noi non siamo la generazione addormentata e persa di cui tutti si lamentano. È arrivato il tempo di tremare di fronte a un’ingiustizia e smuovere le montagne affinché nessuno resti indifferente! L’indifferenza puzza di marcio, ma la nostra generazione sta gridando per la verità!
Ritenerti soddisfatto solo perché la tua opinione è allineata a quella della generica massa è apparenza. La verità è che essere sulla stessa barca non vuol dire non affondare tutti insieme.
E il naufragar non è dolce in questo mare.
Olimpia