Bugia canaglia

Una volta non succedeva così spesso, ma non so se è perché il passato ha il pregio di sembrare incontaminato. Invece ultimamente, da quando la società è diventata più liquida, sembra che anche la vita scivoli via più facilmente senza tornare indietro.

Il 14 novembre un altro ragazzo si è tolto la vita perché aveva mentito a famiglia e amici sull’università: non era vero che Patrick Ceccomarini – 23 anni, studente di Info, Media e Pubblicità a Urbino – doveva discutere la tesi di laurea, quel giorno, quando tutti i suoi cari pensavano di festeggiare uno dei giorni più belli. E invece.

Patrick non ha lasciato niente al caso, nemmeno la vita dopo di lui. Ha organizzato tutto con cura: ha lasciato bigliettini per casa che conducevano a una pennetta USB con alcuni video, registrati forse mesi prima, con i quali dava il suo addio. Come si legge sul Resto del Carlino “aveva prenotato e pagato i regali per i suoi genitori: buoni libro e una cena in pizzeria il 15 dicembre per il compleanno del papà e una composizione floreale per la mamma per Natale”.

Chi lo conosceva lo descrive come un ragazzo tranquillo, gentile, talentuoso che alle discoteche la notte preferiva pentole e padelle o un videogioco. Non sembrava stare male e probabilmente non avrà dato grandi grattacapi ai genitori. Eppure, quel giorno, Patrick si è chiuso dietro la porta di quella stanza, la cucina, che tante volte lo avrà visto sereno, e quando il papà ha bussato per chiamarlo si è gettato di sotto, in un volo senza speranza di tre piani.

Il 12 aprile un’altra ragazza, Giada Di Filippo – 25 anni di Sesto Campano (IS) – si è suicidata lanciandosi dal tetto dell’edificio della facoltà di Scienze Naturali della Federico II di Napoli, dove frequentava Farmacia. Aveva detto alla famiglia e al ragazzo che quel giorno si sarebbe laureata, aveva comprato i confetti e l’abito, ma in realtà le mancavano ancora degli esami prima di potersi laureare, aveva anche smesso di pagare le tasse dopo il terzo anno, senza che nessuno tra parenti e amici potesse sospettare niente. Solare com’era, impossibile immaginare un finale simile.

Come loro, purtroppo tanti altri ragazzi si sono tolti la vita perché le bugie sul reale stato del loro libretto universitario, ormai, erano arrivate troppo vicine alla luce. Le storie di Patrick e Giada mi hanno colpita perché di entrambi non avresti detto mai che avrebbero potuto uccidersi. Pensiamo erroneamente che le acque chete, quelli sempre sorridenti e gentili stiano bene, perché sono così diversi dal marciume generale… ma nessuno ha mai detto che una bugia debba per forza avere una brutta cera.

Patrick e Giada sono anche stati i registi e gli attori del loro ultimo giorno: a un certo punto della loro vita adulta non sono riusciti più a seguire il copione come ci si aspettava da loro, così alla fine l’ultima pagina se la sono scritta da soli. Hanno urlato al mondo il loro dolore, la loro stanchezza. Solo che quel grido è arrivato troppo tardi, da una distanza siderale: quella che separa la vita dalla morte, che sembra solo un filo sottilissimo, ma è invece profonda come la disperazione che ci vuole per credere alla bugia che la vita sia finita se non ti laurei.

Mentre anche io mentivo sulla mia condizione universitaria – riassumendo: avevo detto ai miei e a chiunque me lo chiedesse che mi mancava solo la tesi, quando invece mi mancavano almeno due anni di esami, ed erano tre anni che non pagavo le tasse – ho sentito al telegiornale la storia di un altro ragazzo che, trovandosi in una situazione simile alla mia, come soluzione aveva trovato il suicidio. Sapete cosa si prova? Dispiacere, certo. Ma soprattutto sollievo.

L’idea di farla finita per sempre mente al tuo cuore facendogli credere che tutto sommato non svegliarsi più non sarebbe una gran perdita. E poi, ehi, almeno usciresti dal ginepraio nel quale ti sei ficcato, menzogna dopo menzogna.

Ho guardato spesso con avidità giù dal quarto piano dove abito, cercando una risposta in quel vuoto. Ho persino pregato la notte di non svegliarmi più al mattino, ma niente. Probabilmente dovevo stare qui a scrivere questo: fermati. Se pensi che la tua vita sia arrivata al capolinea, fermati.

E fai la cosa più difficile per qualunque essere umano: di’ la verità. Io l’ho fatto, e mi ha resa libera. Viva. Non è facile sciogliere il cappio che ti fa perdere il fiato e morire le parole in gola, lo so, e non è nemmeno facile, dopo, recuperare la fiducia dei genitori quando si sgancia una bomba del genere. Ma credimi, nessun padre e nessuna madre che abbia il dono dell’amore preferisce un figlio morto a uno non laureato.

La mia storia non è la tua storia, certo. Però posso dirti una cosa? Aver fallito non ti rende un fallimento. Non prendere tutti 30 agli esami o non superarli affatto non ti rende stupido e non dice niente, niente, del tuo valore. La tua identità non si misura in CFU.

A me ci sono voluti 28 anni e l’amore di Dio per capirlo, spero che tu, lettore sconosciuto, possa arrivarci prima, o comunque al momento giusto.

Giulia

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