Le parole fanno più male delle botte

E’ di ieri la notizia della chiusura giuridica della vicenda che riguarda la morte di Carolina Picchio, e in particolare dello “scagionamento” dei 5 ragazzi responsabili della sua morte. Noi non siamo giudici e non possiamo dire se la sentenza sia o meno giusta. Sappiamo, però, quale sia stata la causa di quel suicidio così tremendo: il cyberbullismo.

Carolina si è uccisa “perché dei giovanotti poco più grandi di lei, dopo averla molestata sessualmente e aver filmato ogni scena, hanno messo tutto su Internet”, scriveva il padre 2 anni fa. Ma quello che ha fatto ancora più male è stata la reazione della rete, i più di 2600 like (spiegatemi a cosa avete messo like vi prego), i commenti e gli insulti. Tanti. Taglienti. Laceranti. Carolina non ce l’ha fatta, e ha deciso di mettere fine alla sua vita.

Una vita che è stata spezzata dalla cattiveria, dalla codardia (è facile scrivere dietro uno smartphone vero?) e dall’ignoranza di quei tanti ragazzi che non hanno saputo tenere a freno le dita e la lingua.

La sua morte è collettiva perché tutti ne sono responsabili. Chi più e chi meno.

Carolina non è stata dimenticata però. A lei è dedicata la prima legge in Europa contro il cyberbullismo con cui finalmente non è più possibile banalizzare l’odio nel web come semplici ragazzate: lo ha stabilito il primo processo in Italia su cyberbullismo.

Ragazzi. La vita non è un gioco e per un gesto stupido qualcuno ne può pagare le conseguenze. Le parole che usate possono fare male, molto male. Peggio delle botte. 

In tutte le vostre amicizie, ricordatevi e applicate una semplice e preziosa regola: Non fare agli altri quello che non vorresti fatto a te.

Insomma, pensarci prima, per non pentirsi poi.

Semplice, no?

Ciao Carolina.

www.fondazionecarolina.org

 

Alex

 

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